Le MACROFIBRE sono definite nel CNR-DT 204/2006 come fibre il cui diametro è superiore a 0,3 mm e la cui lunghezza è compresa tra 20 e 60 mm.
Una fibra non può essere definita STRUTTURALE solo perché è grande. Il termine “strutturale” non è infatti un qualificatore della fibra, ma del tipo di rinforzo che è stato dato al calcestruzzo dopo l’aggiunta della fibra.
Molti produttori di MACROFIBRE (fibre di lunghezza superiore a 20 mm) chiamano le loro fibre “strutturali”, semplicemente perché sembrano “forti” e vengono utilizzate per conferire al calcestruzzo una resistenza “residua”. Quest’ultima è ciò che rinforza il calcestruzzo in modo “strutturale”. Ma non ne basta una qualsiasi. Esiste una resistenza residua minima necessaria per poter dire che un calcestruzzo è stato “rinforzato strutturalmente”.
La quantità di resistenza residua che un calcestruzzo deve acquisire dopo l’aggiunta di fibre è definita nel CNR-DT 204/2006.
Quanti chili di fibre dobbiamo aggiungere al calcestruzzo per soddisfare i requisiti del CNR-DT 204/2006?
La risposta a questa domanda è fondamentale. A seconda del tipo di fibra, le quantità che consentono di soddisfare le condizioni stabilite dal CNR-DT 204/2006 variano.
È noto che per ottenere rinforzi strutturali, le fibre lunghe (MACRO FIBRE) sono più adatte perché consentono di soddisfare il requisito con un dosaggio molto inferiore. Questo è uno dei motivi che hanno spinto i produttori a chiamarle “fibre strutturali” con un peso molto ridotto.
Per soddisfare i requisiti del CNR-DT 204/2006 utilizzando fibre di vetro macro da 36 mm, dovremmo utilizzare almeno 10 kg di dosaggio per metro cubo.
Avrebbe senso offrire 5 kg di MACROFIBRE DI VETRO e sostenere che il rinforzo è di tipo strutturale perché queste fibre sono strutturali? Ovviamente no, perché la resistenza residua offerta da 5 kg non corrisponderebbe al CNR-DT 204/2006. Questo dosaggio fornirebbe “un po’ di” resistenza residua, ma una quantità ben lontana da quella richiesta dalla norma e di cui probabilmente la lastra ha bisogno.
Analizzando le tabelle di resistenza residua di alcuni tipi di fibre, possiamo vedere che questa condizione si raggiunge con 10 kg di MACRO FIBRA DI VETRO, 20 kg di MACRO FIBRA DI ACCIAIO, da 2,5 a 4 kg di MACRO FIBRA SINTETICA CLASSICA.
Cosa dice il CNR-DT 204/2006 sul rinforzo strutturale con fibre?
2.5.2.2 Comportamento a trazione:
(8) La resistenza post-fessurazione può essere definita sulla base di valori puntuali, fi, corrispondenti ad assegnati valori nominali di apertura della fessura, o di valori medi, feqi, calcolati su un assegnato intervallo di apertura della fessura (Figura 2-3). Nel caso di provino intagliato, l’apertura della fessura può essere assunta convenzionalmente pari allo spostamento tra due punti posti all’apice dell’intaglio, CTOD.
(9) Il legame σ-w dedotto dalla prova di flessione, eseguita ad esempio con le modalità riportate in Appendice A, è applicabile direttamente all’analisi di elementi inflessi. Per elementi soggetti a trazione centrata (o semplice), occorre penalizzare la resistenza mediante un coefficiente pari a 0.7. Nel caso in cui il risultato della prova di flessione su provino intagliato sia di tipo incrudente occorre ripetere la prova su provino non intagliato, per verificare la duttilità reale in assenza di intaglio.
(10) Sulla base dei dati dedotti dalla prova di flessione si possono definire due legami semplificati tensione-apertura della fessura, con comportamento post-fessurativo rigido-plastico o lineare (incrudente o degradante), come schematizzato in Figura 2-4. In quest’ultima, il simbolo fFts rappresenta la resistenza residua di esercizio, definita come resistenza post-fessurazione valutata in corrispondenza di aperture di fessure compatibili con l’esercizio; il simbolo fFtu rappresenta la resistenza ultima residua. I valori tensionali, fFts e fFtu, che caratterizzano i due modelli possono essere valutati con le modalità riportate in Appendice A.
(11) Ai fini della definizione del legame costitutivo, per materiali con comportamento degradante il valore ultimo dell’apertura della fessura, wu, non può superare il valore massimo di 3 mm, nel caso di elementi inflessi, e di 1.5 mm nel caso di elementi tesi.
(12) Per materiali con comportamento incrudente, in presenza quindi di multifessurazione, non è necessario determinare l’apertura delle fessure in quanto è possibile operare direttamente in termini di tensioni e deformazioni come di seguito specificato.
(13) In alternativa si può ricorrere a modelli più complessi presenti in letteratura purché opportunamente giustificati.